Le microplastiche nel piatto

L’emergenza ambientale causata dai rifiuti plastici è nota a tutti, così come gli interessi delle corporation del petrolio e delle lobby, le grandi industrie chimiche, che frenano a Bruxelles le riforme antiplastica.

Uno studio pubblicato sulla rivista   Environmental Science & Technology

Sull’occhio del ciclone ora c’è il tema della plastica che mangiamo. Secondo un recente  studio della University of Victoria (Canada), pubblicato su  Environmental Science & Technology, sono oltre 50.000  le particelle di plastica (microplastiche) che ogni anno ingoiamo.

Sono stati presi in considerazione 26 studi focalizzati sulla misurazione dei livelli di microplastiche in cibi e bevande,  in particolare nell’acqua in bottiglia e nell’aria delle città.

I ricercatori canadesi hanno poi  analizzato  la quantità di piccoli frammenti di plastica presenti in pesci, molluschi, zuccheri e sali, alcool e acqua, tutti quegli alimenti  presenti nella dieta degli americani.

I dati ottenuti sono stati così messi in relazione con la quantità di cibo ingerita, calcolata in base al sesso e all’età  delle persone, sino a stimare la percentuale di particelle di plastica presenti.

Anche chi beve acqua in bottiglia ingerisce 90.000 microparticelle di plastica all’anno

Nella ricerca è stato riportato un altro dato importante  sul consumo d’acqua:  gli individui che hanno bevuto solo acqua in bottiglia hanno ingerito  circa 90.000 microparticelle di plastica all’anno, contro le 4.000 di chi ha bevuto solo acqua di rubinetto. Secondo questo studio anche gli indumenti che indossiamo rilasciano particelle di microplastica, come ad esempio    il tessuto in pile, un prodotto  considerato  a lungo ecologico, perché ricavato da plastica riciclata.

In realtà è stato scoperto che durante il lavaggio di questo materiale  vengono rilasciate enormi quantità di  microfibre di plastica.

Le microplastiche si trovano soprattutto in mare

I maggiori danni poi avvengono in mare dove i pesci si nutrono di microplastiche scambiate per cibo,   e vengono ingerite dai pesci esattamente come il plancton, entrando nella nostra filiera alimentare.

A preoccupare è in particolare la presenza di 10 kg di oggetti fluttuanti per ogni chilometro quadrato di mare. In Italia ad  essere inquinato più di tutti è il Tirreno settentrionale, tra Corsica e Sardegna. Si stimano almeno 2 kg di plastica attorno alla Sicilia e alle coste pugliesi.  Secondo il  rapporto Beach Litter 2018 di Legambiente,  è del 95% la percentuale di plastica usa e getta rilevata nelle 78 spiagge monitorate dai volontari dell’associazione.

A dimostrazione della gravità del problema è la nuova direttiva dell’Unione europea per ridurre l’impatto delle plastiche nell’ambiente e nei mari. A gennaio 2018  è stata varata la prima proposta legislativa  per la riduzione delle materie plastiche nell’ambiente. Il testo si inserisce nel piano d’azione per l’economia circolare ed è al varo   del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri.

La direttiva è importante, anche se arriva con  notevole ritardo, dal momento che l’inquinamento della  plastica è diventato un enorme problema planetario.

 

 

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