Nuova vita per la torre spagnola di Marceddì

Partono i lavori di restauro della Torre di Marceddì, l’antica costruzione spagnola che faceva  parte del sistema difensivo del Golfo di Oristano,  ultimata per volere del re Filippo II di Spagna nel 1580, a causa delle continue incursioni saracene. Il progetto realizzato dalla Fondazione Medsea, approvato dal comune di Terralba a seguito dei pareri positivi di tutti gli enti coinvolti nella conferenza di servizi, prevede la realizzazione di un archivio e una mostra sulla sua storia, mentre al primo piano sarà allestito l’osservatorio del paesaggio delle zone umide. La terrazza che in passato  veniva utilizzato per segnalare situazioni  di pericolo diventerà un punto di osservazione dell’avifauna e delle “terre d’acqua” circostanti.

Il restauro

L’immobile, di proprietà del demanio e di competenza della Capitaneria di porto di Oristano, è stato dato in concessione al comune di Terralba che mira a conservare i segni e gli effetti che il tempo, gli adeguamenti, le variazioni tipologiche e morfologiche hanno lasciato sull’edificio. L’intervento di restauro, cofinanziato dal comune  e dalla Fondazione Medsea,  affidato agli architetti Pier Paolo Perra e Maria Franca Perra,  riguarderà il risanamento dalle cause di degrado, limitando allo stretto necessario i rifacimenti delle parti mancanti. La torre si trova a Marceddì,   cittadina che, pur  non avendo un porto e dotata solo di un pontile in legno,  divenne porto franco e centro di smistamento commerciale e di dogana poi.


Alta oltre nove metri , di forma circolare tronco-conica, la torre fu  realizzata in pietra basaltica, murata con malta in grassello di calce ed intonacata all’esterno da calce.
Denominata dalla popolazione locale Torre Vecchia  per distinguerla dalla vicina  Torre Nuova,  è  di medie dimensioni per la difesa leggera,  ed era dotata di due cannoni nella terrazza soprastante (detta piazza d’armi) gettati in acqua e poi scomparsi, ma anche  di un mortaretto e due fucili.

Probabilmente era presidiata da un artigliere e due o tre soldati (pagati dalla signoria locale o dai commercianti del territorio) e l’accesso avveniva da una porta  di oltre tre metri alla quale si entrava mediante una scala esterna a pioli o in legno, che poteva essere ritirata in caso di attacco. Da tale apertura si accedeva poi ad un ampio salone con volta a tholos, al di sotto del quale vi era una cisterna impermeabilizzata con la tecnica del cocciopesto per la raccolta delle acque piovane,  attraverso un’apertura sulla terrazza, fondamentale  durante i mesi estivi o in caso di assedio.
Al di sopra  c’era una terrazza dov’era sempre presente il braciere, utile per le segnalazioni alle torri vicine in caso di pericolo.

Le modifiche nel secolo scorso
L’edificio venne modificato durante  la II Guerra mondiale, subendo delle pesanti  trasformazioni come lo svuotamento del basamento della torre con la conseguente creazione di un ingresso a piano terra,  e la costruzione del fortino al suo fianco.

Grazie ai lavori di restauro approvati di recente , ci vorrà qualche mese  per trasformare il  rudere in un luogo di attrazione per turisti, appassionati e studiosi delle zone umide, tanto più che  la torre  si trova  vicino  al caratteristico villaggio  di pescatori e  al Museo del mare.

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